venerdì 11 settembre 2009

Insospettabile poesia cinese

Un giorno riprenderò a comunicarvi le mie idee, ammesso che possa interessarvi. Per ora, mentre la città sotto di me naviga in una nebbia lattea per niente settembrina, vi mando una mia scoperta recente. Un po' di bellezza anche per voi.

Sembra ci sia qualcuno – hsi…nella piega del monte,
tralci d’edera l’avvolgono – hsi…il convolvolo gli cinge i fianchi.
Ecco, egli mi contempla – hsi…e sorride con approvazione.
“Signore, tu mi osservi con desiderio – hsi…la mia grazia ti ha ammaliato”.
Alla guida di rossi leopardi – hsi…linci screziate al mio seguito,
monto un carro di magnolia – hsi…e di cassia ho intrecciato una bandiera.
Orchidee mi rivestono – hsi…la mia cintura è di zenzero in fiore.
Colgo fiori soavi – hsi… per donarli a colui che domina i miei pensieri.
Ora dimoro in un silenzioso bosco di bambù – hsi…così fitto che non vedo il cielo;
la strada è impervia e pericolosa – hsi…e sono giunta ormai tardi, in solitudine.
Mi ergo sola – hsi…sulla cima della collina,
le nubi avvolgono ogni cosa – hsi…, attorno e sotto di me.
Buio a perdita d’occhio – hsi…anche la luce del giorno s’oscura,
S’alza il vento d’oriente – hsi…cade la pioggia, inviata dagli spiriti.
Io attendo il dio e indugio – hsi… dimenticando la strada del ritorno.
Ormai l’anno è avanzato – hsi…chi mai mi ridarà i fiori della giovinezza?
Sui monti – hsi….raccolgo l’erba che tre volte fiorisce,
Fra rupi e rocce – hsi…dove striscia e s’insinua l’edera.
La nostalgia di lui– hsi…mi fa dimenticare del ritorno.
Il mio signore mi pensa – hsi…ma non può soffermarsi.
L’uomo della montagna – hsi…fragrante d’erbe profumate,
beve acqua che sgorga dalle rocce – hsi…si ripara dal sole all’ombra di cipressi.
Il mio signore mi pensa – hsi…eppure esita, indugia.
Rombano tuoni – hsi…la pioggia oscura l’aria,
le scimmie stridono e gemono – hsi…per quanto è lunga la notte.
S’alza, soffia il vento – hsi…gli alberi stormiscono lugubri.
Io penso al mio signore – hsi…la dedizione a lui mi ha portato solitudine e dolore.

Per le necessarie informazioni su questo testo andate a vedere su Nazione Indiana che ne ha pubblicate qua e qua.

giovedì 20 agosto 2009

Amore per le Barbie

BARBIE ANTICRISTO

Può ruotare la testa di 360 gradi
come Linda Blair ne L’esorcista.
I suoi piedi a tacco a spillo andrebbero inchiodati
stile Gesù, ad una croce. Alcune madri hanno visto le bambole
delle figlie che levitavano sulle confezioni rosa,
e ruotavano in aria con le braccia spalancate.
Barbie è un angelo, urlano le bambine che le vogliono bene,
che venderebbero l’anima al diavolo pur di essere come lei,
che farebbero tutto ciò che chiede.

-

BARBIE OLOCAUSTO

Barbie è nata dopo la Seconda Guerra Mondiale
frutto delle sue conseguenze—donne scontente
in cucine statunitensi. Barbie
sa delle atrocità d’oltreoceano per sentito dire ma è certa
d’incarnare gli orrori della storia, ogni volta che
il cuore le sussulta con un déjà-vu. Ha un aspetto ariano, lo capisce
da come muove il braccio, impossibile per lei piegare il gomito
salutando. È sconvolta quando vede una pila
di bambole come lei, nude e sporche, nella fossa comune d’una cesta di giocattoli.
Barbie è stata da ipnnotizzatori e guaritori
e tutti hanno notato queste coincidenze, sebbene nessuno abbia potuto stabilire
con certezza se in una vita precedente fosse stata un’ebrea oppure una nazista.

-

BARBIE BEATNIK

Quando si dice un fallimento.
Barbie non è uno schianto.
Le sue dita sono tende veneziane
che rifiutano d’aprirsi. Non è alternativa,
ha un’imponente chioma e
il basco non le dona.
La sua faccia non esprime
rabbia generazionale. Se prova a
camminare scalza i piedi a tacco a spillo
le fanno male, le viene l’alluce valgo. Le piacciono le frange
le magliette colorate e i poster psichedelici.
L’amico Andy Warhol le ha perfino fatto il ritratto.
Ma non ha vene per farsi d’eroina,
non ha polmoni per fumare l’erba, non ha il ritmo per il jazz.
Preferisce il prestigio a Ginsberg,
la moda a Ferlinghetti,
la seduzione a William Burroughs.

-

BARBIE DIVERSAMENTE ABILE

A Chicago una Barbie
perde un braccio. È colpa del ragazzo della porta accanto
che l’ha usato come stuzzicadenti. Una ragazzina
si rifiuta di buttarla via
le annoda la manica destra
e il moncherino sembra una vela in un giorno senza vento.
A Seattle un’altra Barbie ha un incontro ravvicinato
con un pastore tedesco
che le lascia la faccia devastata.
Per una bambina sarebbe facile
fare le bizze e chiederne un’altra
ma questa ha
un’eruzione cutanea sulla fronte.
Sa bene che, dentro, Barbie è sempre la stessa.
A Baton Rouge la mano di Barbie si scioglie in un pugno,
una palla, qualcuno l’ha lasciata sulla stufa.
A Missoula nel Montana una bambina taglia a Barbie tutti i capelli
senza sapere che non ricresceranno più.
Le madri più creative si inventano stampelle, ingessature, turbanti.
Il nostro impulso è di distruggere ciò che è intero,
di amare e coccolare ciò che abbiamo ferito.

-

TRAGEDIA

—per Kristin Pape

A Barbie gira la testa come a Belinda Palmer,
l’attrice che interpreta la figlia e la sorella
di Faye Dunaway in Chinatown.
A Ken si rivolta lo stomaco proprio come accadde ad Edipo
quando capì che Giocasta non era solo sua moglie
ma anche sua madre.
I nostri volti ci sono sempre sembrati
familiari,
ammette Barbie, ma questo non lo dicono
tutti gli innamorati?

Abbiamo tratti fisici
simili e la stessa carnagione
, piange Ken, ma siamo sempre stati narcisisti
e questo ci eccitava
.
E quindi come hanno fatto a scoprirlo,
visto che si consideravano amanti e futuri sposi?
La Mattel catalogava lo stampo di Ken fratello di Barbie.



da KINKY / Denise Duhamel. 1997 II
Lo trovate qui su GAMM.

mercoledì 8 luglio 2009

Un po' di poesia

Taklamakan #2
di Sergio Baratto su Il primo amore online

Un episodio trascurabile delle Guerre persiane

Al porto quella notte
prima dell'assalto
avevo freddo e tanto sonno

mi strinsi a Cleomene
ci inventammo una canzone
tutto il tempo sottovoce
la cantammo
nessun altro l'ha sentita
fu come se non fosse
mai stata cantata.



***


Le balene d'agosto

Nelle sere d'estate i poeti
ai tavoli dei cocktail bar –
così ci si divertiva
all'epoca delle balene d'agosto


si adoravano i funghi mucillaginosi
i satrapi di nessun regno

il corridoio dei nostri trasporti
era così lungo che a volte
qualcuno in tutto quel vuoto
si perdeva o al peggio

faceva carriera

o si andava in massa
a venerare sciamani polacchi
chi i capelli verdi chi la pelle cotta

chi una moglie avvolta in carta da parati

Settembre mi sorprese a Mantova
con una zucca in mano

dal giornale occhieggiava
per l'ultima volta
Ahmed Shah Massud

Sono tornato in treno quella sera
con la mia zucca pesante
soffiava allora la brezza
degli ultimi giorni prima della scuola

Quel giorno, scriveranno gli esegeti
il nemico ha sfondato le linee.



***


Per la notte in arrivo

E poi medicine antrace lunghe scie di luce
ciecamente si avanzava nella caverna dei nostri tempi
scavando la carne dei nostri stessi corpi

E quando i feti nei ventri scalciavano per uscire
a trovare piccoli inferni in polimeri plastici
rubinetterie idrocarburi volentieri quelle
gozzoviglie le avrebbero lasciate ad altri

E Dante con la sua corazza tra i Persiani
in lacrime sul Golfo
gli stessi problemi di sempre
cosa sarebbe stato di noi da dove
il nostro respiro e perché

Nessuno a costituirsi nessuno che alzasse la mano
a dire Colpa mia signori
a sentir loro non c'era alcuna ragione oggettiva
per piangere le ripetizioni della storia

Quanto a Caronte affari d'oro
ne ha sempre fatti
soldi sottobanco sbarchi di clandestini
nel business tra i mondi

Oh ma io mi costruirò visioni
prenderò su grumi di paesi
prenderò una strada nuova e già lo so
che la percorrerò da solo

Si spengono adesso le luci
viene un'altra sera
Milano settembre duemiladue

Affiliamoci lo sguardo nel buio abrasivo
per la notte in arrivo
per la notte in arrivo.


***


Singing in the fallout

Come cantare sgravare il fiato
spalmarsi creme idratanti
sui calcagni tra i crateri
vallo a chiedere altrove


Chiedilo alle centomila
anime ustionate di Dresda
chedilo alla bella
Murasaki in fiamme

Chissà come avranno ballato
quando il buon pastore
se le è prese su come
si succhia il brodo

domenica 5 luglio 2009

Epitaffio.

Dedicato ai molti gatti che ci hanno preferito il regno di Ceiling Cat e Basement Cat - i quali, essendo dèi gatteschi, condividono pacificamente la ciotola nell'aldilà.



Abbiamo avuto la stessa vita, Musi, tu ed io, la stessa solitudine, lo stesso male. Pensavo a te, quand'ero lassù, e tu mi accogliesti, al ritorno, saltandomi in grembo lievemente (non poi tanto...), come al solito.
[...]
Ti minacciavo sempre col proposito di farmi un colbacco con la tua pelliccia, dopo che fossi morta: ebbene, sappi che non vi ho dato seguito. Ma avrei voluto, questo sì, destinarti un posto accanto a me: e invece sei qui, ai piedi del cipresso, in una buchetta poco profonda (perchè son luoghi di terreno duro, e quella notte non avevo tanta forza per scavare).
Sono morta un po' anch'io insieme a te: dov'è quella mia parte adesso? Spero che tu l'abbia portata dove sei: una bella giornata di sole autunnale, qualche lucertola sonnacchiosa che è troppo facile acchiappare; e tu che ti rotoli nell'erba, ora sul fianco destro, ora su quello sinistro, in alterna vicenda. Gli occhi sono socchiusi, gli zampini strofinano il muso in segno di infinito benessere.

Idolina Landolfi, Musi, Arezzo, Tipografia Busagni, 1996

martedì 16 giugno 2009

martedì 5 maggio 2009

ripartenze

mi sento in colpa per le frivolezze appena pubblicate, così ripubblico senza impegno, vi mando questa intervista su eddyburg, un giornale online scoperto da poco, che potrà interessare le vostre coscienze. Olmi e Petrini che discutono di ambiente: una meraviglia.

immagine: wikipedia

divorzi

ci sono state tante cose di cui avrei voluto parlarvi (parlarmi? il dubbio del blogger inascoltato) in questi giorni ma sono assorbita da altro, primo fra tutti facebook, in secondo luogo la tesi. Quisquilie.
Adesso torno (come l'influenza) per porre a tutti un dubbio amletico: perché? So che vi aspettate qualcosa di meravigliosamente profondo, mentre io semplicemente mi chiedo perchè mai Miriam-Veronica abbia chiesto il divorzio.
Premesso che:
  1. non mi bevo la storia della moglie offesa
  2. non mi bevo l'innocenza delle uscite degli ultimi anni
  3. non mi bevo affatto la storia della moglie colta e raffinata
Mi incuriosisce il modo in cui questa donna si muove, non riesco a capire dove vada a parare. E che nessuno mi venga a dire che non si tratta di questioni politiche perché poco c'è di più politico di questo. Di solito le mosse di berlusconi, dirette o indirette, sono chiare: magari impossibili da neutralizzare ma chiare. Ora invece non capisco proprio perché, che fine abbia.
Sebbene il suo patrimonio non stia (nominalmente) tutto nelle sue mani questo non significa che non sarà un colpo per le sue finanze - o no?

Resto nel dubbio e continuo a meditare.

ps: tra l'altro vi faccio notare quanto sia ridicola l'accoppiata dei nomi miriam-veronica (tutta un'aura di santità, purezza e pietà) in tutta questa situazione

mercoledì 1 aprile 2009

Colazioni

Saltabeccando per il web (invece di studiare) ho trovato questo fantastico sito: voi cosa mangiate a colazione? visto l'amore di mostrarsi che dimostrano le persone su feisbuk mi piacerebbe fare un'inchiesta, sostanzialmente far partire una catena ma non so bene come... idee?
ma potete anche solo godervi facce e foto: sono sorprendenti a volte!

sabato 28 marzo 2009

[L'industria culturale] si differenzia dall'arte popolare. [...] In ogni suo settore vengono confezionati in modo più o meno pianificato dei prodotti fatti apposta per il consumo di massa, e che tale consumo determinano a loro volta in larga misura. I singoli settori sono strutturati in modo simile o quanto meno sono reciprocamente accordati. Quasi senza lacune, costituiscono un sistema. Ciò è consentito sia dagli odierni strumenti della tecnica, sia dalla concentrazione economica e amministrativa. Industria culturale è premeditata integrazione dall'alto dei suoi consumatori. Costringe a un'unione forzata tra gli ambiti, separati per millenni, di arte superiore e inferiore. A danno di entrambe. Speculando sull'effetto la prima perde di serietà; e la seconda, con l'incivilimento che l'addomestica, smarrisce la recalcitrante forza d'opposizione che ha posseduto fino a quando il controllo sociale non è divenuto totale. [...] Il cliente non è, come l'industria culturale vorrebbe far credere, il sovrano, il soggetto di tale industria, bensì il suo oggetto.
Adorno, L'industria culturale, 1963

Non so se questo breve brano renda l'idea, credo che alla metà dei lettori resti oscuro, eall'altra metà già noto, ma sentivo il bisogno di condividerlo, sempre sulla scia delle meditazioni di qualche settimana (mese) fa.

Naturalmente sono tutti temi, linguaggi (le "masse", "l'industria culturale", l'"arte") ormai desueti, così strapazzati e venduti da risultare vuoti: in quel caso che questo sia solo il documento, l'originale della figurina che ci siamo sciroppati, direttamente o indirettamente, nella nostra formazione pseudo politica di persone di sinistra.
Altrimenti, chiedete ancora e vi sarà dato: sono un profeta generoso! :)

ach quant'è che non aggiorno

Wikipedia
regna.

(dal raduno wikimediano del 2005)

venerdì 20 febbraio 2009

Si vive di citazioni

Disfare massa - Jacopo Galimberti

Una massa che non conosce futuro diventa qualcosa.
Qualcosa che fa paura.

Nello stato presente solo tentare si puo’
una costruzione
in un punto.
Erigere, in uno spazio inesteso, un progetto
in cui proiettarsi con tutto il proprio passato, accumulato, un getto
che è già un ponte verso
in un punto. Senza orizzonti,
stordirsi sul posto, dimenticare in tondo, torturare i gatti.
Uno spazio inesteso
in cui tra qualche mese, giorno, saremo noi
a essere sottratti,
a sottrarci.


La donna che dorme per terra
forse non dorme.
Si è rovesciata addosso la torta. Non sbava, non trema.
Lui era andato in bagno per pisciare mezzo litro
di vodka Red Bull. Non le trova il polso, le palpa il collo
dal lato sbagliato.
Fra cinque minuti la festa sarà uno psicodramma, pensa.
S’immagina il fuggi fuggi degli imbucati - tristissimo.
Se ne va in sordina.

Una massa che non conosce futuro diventa qualcosa.
Qualcosa che fa paura.

Imbambolati, assonnati o cotti
si è a volte, per secondi, semplicemente in una sorta di
estasi, senza proiezioni, appetiti, tracce mnestiche,
completamente assolti
in uno spazio inesteso.
In queste microsvolte ci si approssima
al punto più recondito del tempo,
allo stato mentale in fondo più
immondo:
il presente – e il suo vuoto.

L’uomo che cammina mangiando
calcola che per ogni pranzo quindici minuti,
minimo. Allora mangia negli spostamenti e guadagna
vita. Il sangue gli inonda la testa, taglia la folla,
si sente un pesce, una pallottola, un muscolo dritto teso tirato
sparato verso un bersaglio.
Senza legami, elegante, frusta la rotta e va
quasi con una specie di calma.

Una massa che non conosce futuro diventa qualcosa.
Qualcosa che fa paura.

Non posso accettare dilazioni, proroghe, tentativi
terrorizzati di procrastinare l’ingresso
del cranio, in ghingheri,
nelle ossa.
Schiacciata in un punto cieco del presente,
vegeto, mi minaccio, mi mutilo,
maciullando sgretolo un bolo di crani.
La mascella slogata mi schiude un spazio esteso, sereno
in cui sedare
il sesso
che sono.

- Perché qui, tutta la mattina, nel letto a me a fianco
rimani?
- Non so, in autunno, dove lavorerò,
che lingua indosserò o se è imminente
e dilania. Qualche ora, addosso,
mi ancoro.
-Così un morso nei miei minuti
ti affranca?
-Si’. O forse questa smania di presente
è pura voglia di te.

Un individuo che non conosce futuro diventa qualcosa.
Qualcosa che ha paura

tratto da Nazione Indiana

sabato 7 febbraio 2009

tempi correnti

[...]

In the nightmare of the dark,
all the dogs of Europe bark,
and the living nations wait,
each sequestred in his hate;

intellectual disgrace
stares from every human face,
and the seas of pity lie
locked and frozen in each eye[...]
W. H. Auden, In memory of W. B. Yeats, 1939

domenica 1 febbraio 2009

Curiosamente collegate

Mentre la giunta comunale del ben noto Guardiano del Farro rende la vita difficile ai kebabbari in città (fanno cibo etnico! mica come il MacDonald che serve farinata e cecina come antipasto!) muore Mehmet Aygun, il fondatore di doner kebab.
Il nostro benefattore aveva 87 anni, dimostrazione che è un cibo che fa campare a lungo. Un untuoso saluto.

Vi segnalo la notizia, anche se l'articolo è un po' impreciso sulla storia del kebab. Ma nei commenti tutto si fa chiaro.

(immagine: Wikipedia)
Anche se noi lo preferiamo con la piadina :)

venerdì 23 gennaio 2009

Sixty-four apologies to tess

When I get older losing my hair
many years from now
will you still be sending me a valentine,
birthday greeting, bottle of wine?
If I'd been out till quarter of three
would you lock the door
Will you still need me
will you still feed me
When i'm sixty-four?

a cui aggiungo questo, che non so perché sia inadatto ai minorenni. Forse perché è troppo bellino. :)

martedì 13 gennaio 2009

Per i clandestini c'è il rimpatrio, per tutto il resto c'è mastercard

Cercherò di essere più chiara e meno polemica, che i diktat peggiorano solo la situazione. Così Irene non sente in pericolo la pace nel mondo e non si preoccupa.

Ritengo, probabilmente perché per me è stato importante e formativo, che una parte importante della produzione di De André facesse perno sulla critica della società e in modo particolare sulla possibilità di cantare gli ultimi, le minoranze contro il potere nelle sue forme oppressive. Questo tipo di critica "sociale" mi sembra incompatibile con la fruizione di massa, non perché non possa piacere a molti ma perché implica di fare delle scelte che in questo momento in Italia non sono "di massa".
Non mi piace la sensazione di accerchiamento che viene dal dire che chi canta De André non fa e non è d'accordo con le leggi che ci sono adesso in Italia, per molti motivi: innanzitutto non è vero, perché sta nella grandezza dei poeti (ironia della sorte) essere graditi a molti nonostante le loro idee; in secondo luogo perché non siamo tutti d'accordo su quello che cantava oppure, se volete essere più sottili, siamo contrari con sfumature differenti - il che può non essere sbagliato ma mi sembra (uh, come sono radicale) incompatibile con il "cantiamo tutti a squarciagola"; in terzo luogo perché anche chi non fa una scelta, in fondo, sceglie: e con questo non intendo noi privati cittadini (semplicemente perché non sono così arrogante da chiedere agli altri ciò che non faccio) ma chi da persona di spettacolo partecipa senza condividere quello che diceva De André abbastanza da muoversi in prima persona.
Non dimentico che anche De André era un personaggio dello spettacolo, in fondo, un cantante. Ma mi sembra che il modo in cui cercava di fare spettacolo e dare scandalo fosse finalizzato a muovere le coscienze, farle pensare prima e piuttosto che a fare audience (che in fondo, ve lo ricordo, significa soldi).
I poeti piacciono ma non servono: De André serve. Ci serve la radicalità e la purezza, ci serve la riflessione e la bellezza, non solo la bellezza. E lo spettacolo celebra la bellezza e poco altro: se volete la grandezza di saper rendere bello ciò che è radicale, puro e profondo, è come guardare le rose nate dove cammina una puttana.

La mia irritazione nasce dal fatto che De André è solo l'ultimo della fila: prima è venuto Saviano (è un romanzo? è un reportage? che importa cosa dice, tanto siamo il paese della bellezza dei romanzi in forma di reportage) per dirne uno, o in tono minore Biagi (che carriera stupenda! e il fatto che il presidente del consiglio abbia chiuso il suo programma? ah, è tutto perdonato!). E vai ancora con le estremizzazioni, le radicalizzazioni e le minuzie, ma mi pare che in questo momento non ce ne siano molte in giro e mi sembra giusto riequilibrare la bilancia.

.

lunedì 12 gennaio 2009

Bombe su Fabrizio

Ai protettori delle battone lascio un impiego da ragioniere
perché provetti nel loro mestiere
rendano edotta la popolazione
ad ogni fine di settimana
sopra la rendita di una puttana
ad ogni fine di settimana sopra la rendita di una puttana

In Italia, succede sempre così:
1. si prende qualcosa di scottante, di vivo e polemico, qualcosa di ferito e grande e indignato (una di quelle cose che così facilmente nascono in questo paese bellissimo e violento)
2. se ne osserva con garbo la bellezza, l'armonia, la pienezza del senso (nel frattempo il messaggio, la forza, l'indignazione finiscono nella polvere, sotto il tappeto)
3. si innalzano a messaggio nazionale, normalizzato, buono per tutti: mi dite cosa c'entra in questa italia un cantante di puttanieri, di storpi e giudici infami? mi dite cosa ci fa uno che cantava la violenza dei preti in prima serata?
4. si neutralizza qualsiasi cosa, come cauterizzata, immobilizzata, arresa.

A cosa serve cantare de André tutti insieme mentre le puttane vengono tolte dalle strade per il buon costume pubblico? a cosa serve de André in un paese in cui si prendono le impronte degli zingari?
Preceduto da un telegiornale in cui si saranno contati i morti 300 palestinesi. 6 israeliani. Poverini. Seguito (possibilmente) da uno speciale sul Santo di Pietralcina, forse altrettando Grande.

L'avete ucciso, quel poco di vita che c'era ancora in lui è morta, adesso.

Mi arrestarono un giorno per le donne ed il vino,
non avevano leggi per punire un blasfemo,
non mi uccise la morte, ma due guardie bigotte,
mi cercarono l'anima a forza di botte.

Perché dissi che Dio imbrogliò il primo uomo,
lo costrinse a viaggiare una vita da scemo,
nel giardino incantato lo costrinse a sognare,
a ignorare che al mondo c'e' il bene e c'è il male.

martedì 6 gennaio 2009

E regali dalla Befana

Nessuno più mi chiama in una lingua
che mia madre fa bionda, azzurra e sveva,
dal nord al seguito di Federico,
o ai miei occhi nera e appassita in pugno
come oliva che è reliquia e ruga.

O in una lingua che alla pece affida
l'orma sua, l'inoltra a sera nell'estate,
in un basso alitare le decanta:
è movenza d'Aragona e Castiglia,
sillaba è cannadindia, stormire.

O in una lingua che le pone in capo
una corona, un cercine di piume,
un nido di pensieri in cima in cima.

O in quella sua lingua che la mormora
sul fiume ventilato di papiri,
su una foglia o sul palmo della mano.

O in una lingua che risale in sonno
coi primi venti precoci dell'Africa,
che nel suo cuore albeggia, in sabbia e sale,
nel verso tenebroso della quaglia.

O in una lingua che non so più dire.

Taormina, mia Mignon, da Codice Siciliano, Stefano d'Arrigo