domenica 27 giugno 2010

Se dopo i 25…

Può succedere ancora che passati i ventitré o i venticinque anni, la ragazza che fino a ieri era un fiore, incominci improvvisamente ad appassire, diventi acida e nervosa. La madre accorta non tarda a "capire". Capisce cioè che quello che angustia la poverina è il fatto di non aver ancora trovato marito, e che è giunto il momento, per lei, di intervenire. Con estrema discrezione comincerà a darsi da fare: riaggancerà i rapporti con la signora X, che non sente da tanto tempo ma ha tre figli in gamba, tutti scapoli. Solleciterà il consiglio e l'aiuto dell'immancabile amica che "conosce tutti". Spronerà il marito a invitare a teatro il giovane ingegner Steppia che è povero, ma promette un brillante avvenire, o il signor Fernando che non è più di primo pelo, ma ha una vasta clientela e un appartamento arredato. Dal canto suo, il padre studierà la possibilità di mandare moglie e figlia per la stagione estiva a Viareggio o a Cortina, anziché, come al solito, dai nonni a Castelline in Chianti. E se da questo tramestio verrà fuori, com'è probabile, l'agognato fidanzato, il merito sarà tutto dei genitori.

Tratto da Donna Letizia, Il Saper Vivere, prima edizione 1960
appositamente adattato per l'occasione.

giovedì 17 giugno 2010

Direttamente dalla dispensa della zia Grazia…

Torta.. no.. Multistrato alle mele e cannella, volevo dire paprica.
(se volete saltare direttamente alla ricetta si trova in fondo al post)

Stasera si svuota la credenza!!
Bella parola, credenza, peccato che non ne esistano più. Insomma, eliminiamo le cose che stazionano tristemente in armadi/fruttiere/angoli reconditi da prima che l'estate cominciasse (e improvvisamente andasse via di nuovo),
olè!

Innanzitutto le mele, causa prima di questa decisione. Anziché il dolce alle briciole di biscotti (di cui vi parlerò presto), la mamma ha voluto fare una cosa che le aveva fatto la zia, sufficientemente semplice perché se la ricordasse.
Prendete quindi le mele incriminate, che di questa stagione fanno solo tristezza e sono molle.
Sbucciatele (sigh) e tagliatele a pezzi piuttosto piccoli: in una padella con lo zucchero, possibilmente grezzo. Lasciatele cuocere da sole, ne saranno felici.

Secondo passo: le uova. Hanno regalato anche a voi 18 uova tutte insieme? So di qualcuno a cui è successo. Per la cronaca viveva da sola.
Purtroppo non useremo per questo dolce 18 uova, ma solo tre tuorli.
Con queste tre sorelline preparate una crema molto liquida aggiungendo (dosi della nonna Venice) 3 cucchiai di farina e 3 cucchiai di zucchero.
Mescolare e scaldare.
Io ho usato lo zucchero non raffinato, che fa tanto bene al vostro colon quindi l'ho fatto scaldare un po' prima di aggiungere il latte. 3 bicchieri e mezzo di latte.
Fate cuocere dolcemente, possibilmente mescolando senza fermarsi mai. Ho detto mai!

Terzo passo: le Marie (ululati in sottofondo)
Spero per voi che non abbiate una sorella che ciclicamente rifornisce la casa di questi biscotti INSULSI. E scusate se uso le maiuscole. Nel latte si ammosciano o impattonano, nel tè si disintegrano, da sole fanno passare la voglia di vivere: come si mangiano le marie? Non a caso prendono il nome da una diva della mia religione preferita, che ama tanto farci soffrire inutilmente. Dice che aiuta.
Le Marie dunque. Che io mangio spalmate della marmellata al cioccolato della zia Maria, e Maria + Maria si annulla diventando una cosa appena accettabile. Le marie dunque. NON compratele apposta! Si riproducono! l'unica altra cosa decente che ci potete fare (oltre alla torta di briciole di biscotti) è un finto tiramisù alla frutta! Ne userete al massimo 2 pacchetti e mezzi, quindi 40 biscotti circa.

Infine, il limoncino. Noi ne abbiamo un resto di secoli e millenni, scampato a così tante razzie che è diventato trasparente e non si può bere più da solo.
Quando non lo usate per il dolce con le briciole dei biscotti, quindi, potete usarlo per imbevere (imbere?) le mefitiche marie, avendolo mescolato prima con acqua.

Uno strato di marie, lo spruzzate di limoncino+acqua, quindi ci spalmate le mele cotte, su cui avete spolverato della cannella NON, come ho fatto io, DELLA PAPRICA.
Il gusto potrebbe lievemente cambiare, e forse con la cannella è meglio. Potrebbbe essere molto interessante anche con lo zenzero grattato o a pezzettini.
Sopra le mele aggiungete la crema.
Quindi ripetete ad libitum. Oppure finché non finiscono gli ingredienti. Lasciate in frigo a rassodare per diverse ore, a occhio direi almeno almeno tre.

Riassumendo:
Prendete delle mele (io ne avevo 4+1 marcia), fatele cuocere in padella con diverse cucchiaiate di zucchero. Quando si sfanno aggiungete la cannella, moderatamente.
Nel frattempo preparate una crema liquida con 3 tuorli, 3 cucchiai rasi di farina e 3 di zucchero, mescolati, più 3 bicchieri e mezzo di latte. Potete aromatizzare con la scorza di limone.
Disponete le marie sul fondo di un recipiente quadrato, spruzzatele di acqua e limoncino mescolati, spalmatele con uno strato di mele non del tutto sfatte, quindi coprite con un po' di crema; ricominciate con i biscotti e continuate fino ad esaurimento.
Passare in frigo per almeno 4-5 ore.

mercoledì 16 giugno 2010

Fra un cupcake e una versione della Carmen...




«[...]
La crisi dell'impiego accademico, risultato di una grande espansione dell'educazione universitaria verificatasi fra la fine del XVI secolo e il principio del XVII, non era solo un fenomeno sociologico; aveva - o si riteneva avesse - anche implicazioni ideologiche.
Per esempio Thomas Hobbes imputò la responsabilità della rivolta contro Carlo I all'ambiente accademico, che insegnando la storia greca e romana aveva indotto il popolo ad ammirare il "glorioso nome della libertà" e di conseguenza a considerare la monarchia come una "tirannide". Il fulcro della ribellione è nelle università, scrive Hobbes:
È infatti cosa ben difficile per gli uomini (che hanno tutti un'opinione elevata del proprio ingegno), dopo aver anche acquisito la cultura dell'università, persuadersi d'esser privi d'una qualsiasi delle capacità necessarie per governare uno stato.



Mark H. Curtis trova esagerato il punto di vista di Hobbes. Sostiene invece che "le università erano pericolose [...] perché preparavano troppi uomini per troppo pochi posti di lavoro".


Al principio del XVII secolo nelle due università si laureavano più di quattrocento studenti ogni anno. Curtis calcola che ci fossero cento studenti in soprannumero rispetto ai posti vacanti nella Chiesa. Questo è solo un aspetto di un processo più generale in cui la mancanza di "opportunità per sfruttare appieno la loro preparazione e il loro ingegno" portava alla formazione di "un gruppo irriducibile di intellettuali alienati che, individualmente o collettivamente, creavano problemi in un'epoca di crescente insoddisfazione verso il regno degli Stuart"
[...]»
da Ian Watt, Miti dell'individualismo moderno, trad. it: Donzelli Editore, 1998, p. 33-4


Ricordo a tutti che a Carlo I è stata tagliata la testa, ma nessuno l'ha ricordato come un martire.


Cosa posso dire: Speriamo!



venerdì 4 giugno 2010

Sempre a proposito dei colori in città segnalo un muro che è stato colorato, o meglio artisticamente reinterpretato a Viareggio.
Qui le immagini del murales e le parole di Cristian Sonda sul suo lavoro. Lui è tenero, molto compreso nella parte - probabilmente a ragione.

il video è stato realizzato da Studio Sumatra, val la pena di passare dal loro sito un momento e guardare il video sull'augmented reality...

giovedì 3 giugno 2010

Le polemiche (o finte tali) sull'italiano mi hanno stufata. E già da mo'. Ma questa è veramente troppo grossa.

Mi è capitato di ascoltare il commento a due articoli sull'ennesima indagine dell'Accademia della Crusca a proposito della capacità di parlare in italiano fra le giovani generazioni.
Il giornalista (non riesco a ritrovare il nome, era radio3 in dicembre) ha introdotto prima un sensatissimo articolo di Segre (da notare la terribile impaginazione, se al Corriere hanno bisogno di un correttore di bozze -e ne hanno bisogno- mi faccio avanti), quindi un altro di Ceronetti.

Siccome il primo era troppo sensato e vagamente pericoloso per la sua intelligenza, il giornalista ha pensato bene di soffermarsi con ben altra attenzione sull'invettiva di Ceronetti, che non ha altro merito che l'uso accurato (ormai folkloristico) di una serie ben ordinata di termini aulici e complessi, più lunghi di tre sillabe. Come una serie folkloristica la voce narrante l'ha trattato, leggendone dei pezzi divertito (divertito da cosa poi?), inciampando sulle parole, sbagliando a volte persino l'intonazione della voce. E dire che fino a quel momento era andato benissimo, era quasi interessante. Il significato anacronistico dell'invettiva di Ceronetti non l'ha minimamente scalfito.

Il fatto che il "poeta filosofo scrittore giornalista traduttore drammaturgo teatrante marionettista" sembri vivere del tutto fuori dal mondo non lo sfiora nè lo preoccupa, sembra piuttosto contento di poter dire alla radio parole come antonomasia disperatamente infingimenti rammoliti sforacchiano deliberatamente ecc. Quante sillabe!
Ma questo ancora mi sconvolge poco. Anch'io ogni tanto mi sono dilettata con parole strane, accostate per il solo loro suono.

Quello che mi ha infastidito (e profondamente divertito) è l'inutile invettiva del poetafilosofoscrittoregiornalistatraduttoredrammaturgoteatrantemarionettista, nonchè figura di rilievo del mondo culturale italiano, che riconosce negli anglicismi, nei forestierismi la causa prima e principe della perdita di etica del nostro paese.

Gli anglicismi! Proprio come quando, nell'ottocento, i francesismi ci hanno invaso per via piemontese e parallelamente abbiamo assistito a una disfatta etico-politica di proporzioni memorabili (il Risorgimento): corsi e ricorsi storici.

L'inglese, "intollerabile servilismo" è presente sugli autobus: "Entrance-Exit", dove evidentemente la derivazione latina del termine non vale a salvare l'espressione. Per la sanità e il pudore pubblico bisognerà tentare di affondarla con ogni mezzo, al limite rifiutarsi di vederla (e se un turista tedesco non pronuncia la gl perfettamente: al muro! impiccagione per la più alta salvezza del patrio idioma).

Davvero divertente la lista con cui si chiude l'invettiva (ma vale la pena di leggere, ridendo disperati, l'intero articolo, se lo vogliamo chiamare così), un crescendo di ilarità: Ceronetti stigmatizza tutti i termini in cui le due lingue si accostano e si accompagnano, mi stupisco quasi che non proponga una traduzione per ciascuno, come faceva Lui.
  • under ventuno;
  • over settanta;
  • essere trendy,
  • essere sexy;
  • tre-dieci mille fiction;
  • ce l' ho sul despley (sic: evidentemente non usare l'inglese implica anche non conoscerne l'ortografia);
  • preso al discount;
  • fare shopping;
  • fare zapping;
  • transgender;
  • lavoro in un call center;
  • c' è un black out;
  • riunito lo staff;
  • è stato un flop;
  • il cuore in tilt
Mi fermo qui, ma la lista continua. Non azzardo traduzioni, volerei troppo in alto. Anzi, scappo ad uplodare sul blog l'ultimo post di questa season. Kisses

martedì 1 giugno 2010

contro il grigiore della vita moderna... Let's colour!

E finalmente gli anni 2000(10?) si fanno sentire: contro la terribile architettura anni 80-90 si parte alla riscossa con il colore, che nasce diretto dalle bandiere della pace dell'inizio del millennio. Senza pensare a quanto siano risicati questi tentativi di dare un colore diverso al mondo, prendiamo quello che viene, con pazienza.
Let's colour vuole colorare ciò che è grigio, io aggiungo che qualche bella pianta ricadente da quei muri lisci da Semperfresh (chewing gum da maggioranza silenziosa) ci starebbe proprio bene!



Alla cinnamon, a tutti i compagni caduti e ai colori che invaderanno il mondo. Speriamo con vernici non troppo inquinanti.