sabato 28 marzo 2009

[L'industria culturale] si differenzia dall'arte popolare. [...] In ogni suo settore vengono confezionati in modo più o meno pianificato dei prodotti fatti apposta per il consumo di massa, e che tale consumo determinano a loro volta in larga misura. I singoli settori sono strutturati in modo simile o quanto meno sono reciprocamente accordati. Quasi senza lacune, costituiscono un sistema. Ciò è consentito sia dagli odierni strumenti della tecnica, sia dalla concentrazione economica e amministrativa. Industria culturale è premeditata integrazione dall'alto dei suoi consumatori. Costringe a un'unione forzata tra gli ambiti, separati per millenni, di arte superiore e inferiore. A danno di entrambe. Speculando sull'effetto la prima perde di serietà; e la seconda, con l'incivilimento che l'addomestica, smarrisce la recalcitrante forza d'opposizione che ha posseduto fino a quando il controllo sociale non è divenuto totale. [...] Il cliente non è, come l'industria culturale vorrebbe far credere, il sovrano, il soggetto di tale industria, bensì il suo oggetto.
Adorno, L'industria culturale, 1963

Non so se questo breve brano renda l'idea, credo che alla metà dei lettori resti oscuro, eall'altra metà già noto, ma sentivo il bisogno di condividerlo, sempre sulla scia delle meditazioni di qualche settimana (mese) fa.

Naturalmente sono tutti temi, linguaggi (le "masse", "l'industria culturale", l'"arte") ormai desueti, così strapazzati e venduti da risultare vuoti: in quel caso che questo sia solo il documento, l'originale della figurina che ci siamo sciroppati, direttamente o indirettamente, nella nostra formazione pseudo politica di persone di sinistra.
Altrimenti, chiedete ancora e vi sarà dato: sono un profeta generoso! :)

ach quant'è che non aggiorno

Wikipedia
regna.

(dal raduno wikimediano del 2005)