martedì 27 luglio 2010

Il piccolo circo di Alexander Calder


Fra i miei amori recenti e viscerali campeggia ultimamente Calder. I suoi giochi di fil di ferro sono imprendibili con la macchina fotografica, credo che anche la videocamera sarebbe inutile. Forse una cinepresa, con i fotogrammi che saltano e il suo rumorino di fondo, indefinibile e, per noi digitali, un filo magico.

Calder, come Brancusi, mi chiama dal profondo, riconosco in loro una parte di me misteriosa ma innegabile.

Per questo ho amato questo articolo su Nazione Indiana ancora prima di rendermi conto che era proprio di lui, di Calder, che si stava parlando: di lui e del circo di fil di ferro costruito a Parigi nei meravigliosi anni 1926-7.

Fra l'altro, qualche giorno fa qualcuno mi chiedeva perché non mi piace Queneau: perché non è Calder, perché i suoi giochi non conoscono l'essenzialità di questi:



ps: mi scuso per l'orribile foto ma l'oggetto era troppo affascinante per non cercare di catturarlo, almeno nella memoria.
Conservato al Moma, fotografato il 25 marzo 2010.

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