martedì 13 gennaio 2009

Per i clandestini c'è il rimpatrio, per tutto il resto c'è mastercard

Cercherò di essere più chiara e meno polemica, che i diktat peggiorano solo la situazione. Così Irene non sente in pericolo la pace nel mondo e non si preoccupa.

Ritengo, probabilmente perché per me è stato importante e formativo, che una parte importante della produzione di De André facesse perno sulla critica della società e in modo particolare sulla possibilità di cantare gli ultimi, le minoranze contro il potere nelle sue forme oppressive. Questo tipo di critica "sociale" mi sembra incompatibile con la fruizione di massa, non perché non possa piacere a molti ma perché implica di fare delle scelte che in questo momento in Italia non sono "di massa".
Non mi piace la sensazione di accerchiamento che viene dal dire che chi canta De André non fa e non è d'accordo con le leggi che ci sono adesso in Italia, per molti motivi: innanzitutto non è vero, perché sta nella grandezza dei poeti (ironia della sorte) essere graditi a molti nonostante le loro idee; in secondo luogo perché non siamo tutti d'accordo su quello che cantava oppure, se volete essere più sottili, siamo contrari con sfumature differenti - il che può non essere sbagliato ma mi sembra (uh, come sono radicale) incompatibile con il "cantiamo tutti a squarciagola"; in terzo luogo perché anche chi non fa una scelta, in fondo, sceglie: e con questo non intendo noi privati cittadini (semplicemente perché non sono così arrogante da chiedere agli altri ciò che non faccio) ma chi da persona di spettacolo partecipa senza condividere quello che diceva De André abbastanza da muoversi in prima persona.
Non dimentico che anche De André era un personaggio dello spettacolo, in fondo, un cantante. Ma mi sembra che il modo in cui cercava di fare spettacolo e dare scandalo fosse finalizzato a muovere le coscienze, farle pensare prima e piuttosto che a fare audience (che in fondo, ve lo ricordo, significa soldi).
I poeti piacciono ma non servono: De André serve. Ci serve la radicalità e la purezza, ci serve la riflessione e la bellezza, non solo la bellezza. E lo spettacolo celebra la bellezza e poco altro: se volete la grandezza di saper rendere bello ciò che è radicale, puro e profondo, è come guardare le rose nate dove cammina una puttana.

La mia irritazione nasce dal fatto che De André è solo l'ultimo della fila: prima è venuto Saviano (è un romanzo? è un reportage? che importa cosa dice, tanto siamo il paese della bellezza dei romanzi in forma di reportage) per dirne uno, o in tono minore Biagi (che carriera stupenda! e il fatto che il presidente del consiglio abbia chiuso il suo programma? ah, è tutto perdonato!). E vai ancora con le estremizzazioni, le radicalizzazioni e le minuzie, ma mi pare che in questo momento non ce ne siano molte in giro e mi sembra giusto riequilibrare la bilancia.

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4 commenti:

Linda ha detto...

Okay, okay… basta che non ti fai venire un infarto.

Qualche appunto:
“Non mi piace la sensazione di accerchiamento che viene dal dire che chi canta De André non fa e non è d'accordo con le leggi che ci sono adesso in Italia, per molti motivi: innanzitutto non è vero, perché sta nella grandezza dei poeti (ironia della sorte) essere graditi a molti nonostante le loro idee”

Io mi riferivo alle leggi su prostitute e zingari, su cui De André si è espresso abbastanza chiaramente. Chi ha fatto le leggi che colpiscono sia le une che gli altri non ce lo vedo proprio a cantare De André, se poi lo fa non lo so, ma di sicuro non sarebbe una cosa logica (e io qui tiro a trarre conclusioni logiche, non mi perdo in cavilli inutili perché cavillando si estraggono quasi sempre concetti vuoti di contenuto). Senz’altro De André voleva essere gradito a molti, ma, come hai detto tu e come avevo già detto anch’io, De André è irrimediabilmente per le minoranze, se fosse il contrario probabilmente oggi sarebbe una figura d’altro tipo.

Il “cantare a squarciagola” è una frase fatta, se vuoi, che è venuta fuori in un’occasione particolare, ossia la commemorazione di De Andrè dopo 10 anni dalla morte. Forse è brutto da dirsi, ma in un’occasione del genere, che di solito è un momento di coinvolgimento in cui anche chi normalmente si disinteressa alza un po’ lo sguardo sulla questione, sarebbe stato veramente insulso (e se vuoi un po’ “universitario”) dire, anziché “cantiamo a squarciagola”, un “ma sì, cantiamo, però ognuno nella misura in cui è d’accordo con De Andrè, ciascuno in base alle proprie sfumature di pensiero… ehi tu, laggiù, che non sei d’accordo con la canzone Il giudice, tu canta piano, mi raccomando..”

Infine, non metterei insieme figure come De André e Saviano, si rischia di fare molta, troppa confusione. Non ho voglia di spiegare perché, perché ciò darebbe origine ad altre discussioni che francamente non ho proprio voglia di fare. :(

laurettarella ha detto...

Ehm, io sono molto tranquilla adesso, dopo la prima reazione. Stavo solo discutendo perché mi interessa e mi aveva fatto piacere attirare la vostra attenzione.
Ma allora chiudiamola qui.

ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
ha detto...

Cantava la condizione umana senza mai ricorrere a stereotipi...

Si veda il Sole24ore del 12 gennaio...

e ancora (ma questo ti farà arrabbiare):

De Andrè davvero è un poeta? Sì, ma quanto Vasco Rossi... di Davide Rondoni su il tempo dell'11/01/09

e la replica di Stefano Mannucci del 12/01/09...

Che grande inganno sei, anima mia...

Lauré dici:"Questo tipo di critica "sociale" mi sembra incompatibile con la fruizione di massa, non perché non possa piacere a molti ma perché implica di fare delle scelte che in questo momento in Italia non sono "di massa"."

ok... e quando mai la critica sociale di De André è stata fruita, cambiando il corso delle scelte poltiche italiane?... forse mi sono persa gli ultimi 30 anni di storia italiana...

Non lascio mai commenti su questo blog, ma devo riconoscere che questa piccola polemica ha solleticato la mia anima pacifista, che voi ben conoscete ;), quindi, solo per questa volta ( o non so, non posso prevederlo) farò un piccolo sgarro alla mia condotta iperuranica.

Che in Italia tutto venga elevato e alternativamente dileggiato, dimenticato e post mortem onorato, è un fenomeno di costume ben noto e ancor meglio tollerato. Inoltre, luogo comune vuole che l'indignatio italica si manifesti come un fiume in piena in cui tutto può (che sia in tema o meno) entrare in questo magico calderone.
Veniamo a noi: de André sta alla cultura italiana come la statua di Garibaldi sta ad ogni città italiana che sia degna di questo nome, ovvero è indispensabile (che poi in sede politica si pensi ai suoi testi per migliorare questo paese, beh, questo trascende l'utopia, a mio avviso).
Detto questo, comprendo il tuo malcontento, cara Laura, ma non approvo il modo, poco faberiano,di esporre l'indignazione e il disgusto.
E' anche vero che non approvo nemmeno tutto questo sensazionalismo con cui si sta celebrando il decennale dalla sua morte. E' proprio necessario? Un uomo che ha sempre preferito non stare alla ribalta ma vivere lontano dal clamore doveva essere proprio celebrato in questo moodo così poco rispettoso della sua natura? Mah... strana gente, gli italiani... e forse ancora una volta ha ragione Fabrizio, che vedrai, avrà un solco lungo il viso/come una specie di sorriso...

infine un anarchico isituzionalizzato è proprio un bell'ossimoro...

detto questo, voltò il capo e spirò.


p.s. questo carattere tipo macchina-da-scrivere-olivetti mi sta troppo antipatico