giovedì 3 giugno 2010

Le polemiche (o finte tali) sull'italiano mi hanno stufata. E già da mo'. Ma questa è veramente troppo grossa.

Mi è capitato di ascoltare il commento a due articoli sull'ennesima indagine dell'Accademia della Crusca a proposito della capacità di parlare in italiano fra le giovani generazioni.
Il giornalista (non riesco a ritrovare il nome, era radio3 in dicembre) ha introdotto prima un sensatissimo articolo di Segre (da notare la terribile impaginazione, se al Corriere hanno bisogno di un correttore di bozze -e ne hanno bisogno- mi faccio avanti), quindi un altro di Ceronetti.

Siccome il primo era troppo sensato e vagamente pericoloso per la sua intelligenza, il giornalista ha pensato bene di soffermarsi con ben altra attenzione sull'invettiva di Ceronetti, che non ha altro merito che l'uso accurato (ormai folkloristico) di una serie ben ordinata di termini aulici e complessi, più lunghi di tre sillabe. Come una serie folkloristica la voce narrante l'ha trattato, leggendone dei pezzi divertito (divertito da cosa poi?), inciampando sulle parole, sbagliando a volte persino l'intonazione della voce. E dire che fino a quel momento era andato benissimo, era quasi interessante. Il significato anacronistico dell'invettiva di Ceronetti non l'ha minimamente scalfito.

Il fatto che il "poeta filosofo scrittore giornalista traduttore drammaturgo teatrante marionettista" sembri vivere del tutto fuori dal mondo non lo sfiora nè lo preoccupa, sembra piuttosto contento di poter dire alla radio parole come antonomasia disperatamente infingimenti rammoliti sforacchiano deliberatamente ecc. Quante sillabe!
Ma questo ancora mi sconvolge poco. Anch'io ogni tanto mi sono dilettata con parole strane, accostate per il solo loro suono.

Quello che mi ha infastidito (e profondamente divertito) è l'inutile invettiva del poetafilosofoscrittoregiornalistatraduttoredrammaturgoteatrantemarionettista, nonchè figura di rilievo del mondo culturale italiano, che riconosce negli anglicismi, nei forestierismi la causa prima e principe della perdita di etica del nostro paese.

Gli anglicismi! Proprio come quando, nell'ottocento, i francesismi ci hanno invaso per via piemontese e parallelamente abbiamo assistito a una disfatta etico-politica di proporzioni memorabili (il Risorgimento): corsi e ricorsi storici.

L'inglese, "intollerabile servilismo" è presente sugli autobus: "Entrance-Exit", dove evidentemente la derivazione latina del termine non vale a salvare l'espressione. Per la sanità e il pudore pubblico bisognerà tentare di affondarla con ogni mezzo, al limite rifiutarsi di vederla (e se un turista tedesco non pronuncia la gl perfettamente: al muro! impiccagione per la più alta salvezza del patrio idioma).

Davvero divertente la lista con cui si chiude l'invettiva (ma vale la pena di leggere, ridendo disperati, l'intero articolo, se lo vogliamo chiamare così), un crescendo di ilarità: Ceronetti stigmatizza tutti i termini in cui le due lingue si accostano e si accompagnano, mi stupisco quasi che non proponga una traduzione per ciascuno, come faceva Lui.
  • under ventuno;
  • over settanta;
  • essere trendy,
  • essere sexy;
  • tre-dieci mille fiction;
  • ce l' ho sul despley (sic: evidentemente non usare l'inglese implica anche non conoscerne l'ortografia);
  • preso al discount;
  • fare shopping;
  • fare zapping;
  • transgender;
  • lavoro in un call center;
  • c' è un black out;
  • riunito lo staff;
  • è stato un flop;
  • il cuore in tilt
Mi fermo qui, ma la lista continua. Non azzardo traduzioni, volerei troppo in alto. Anzi, scappo ad uplodare sul blog l'ultimo post di questa season. Kisses

2 commenti:

Gioppo ha detto...

"dai sistemi compiuterizzati (come si può scrivere computer e derivati senza ricorrere a questa roba non masticabile?)"

CALCOLATORE, ELABORATORE ELETTRONICO (o elettronico non va bene perché derivante dal greco antico e non dal latino?)

laurettarella ha detto...

eheheheheh!
...e meno male che è figura di punta della nostra cultura!